Uno psicologo al Caritas Baby Hospital
Poco più di un anno fa iniziava un’avventura che a quel tempo aveva più le dimensioni di una mission impossible che di un progetto di sviluppo organizzativo. Infatti, grazie all’intuizione di suor Donatella e alla costante regia della Provvidenza, si è deciso di tentare una sorta di progetto pilota finalizzato a migliorare il benessere lavorativo del Caritas Baby Hospital di Betlemme.
A marzo 2014 siamo partiti con una formazione a tappeto per tutto il personale del Caritas per consolidare e migliorare la comunicazione e le relazioni interpersonali. Formare 230 dipendenti, dall’Executive Committee ai ruoli di staff, è stato un processo lungo e articolato, non fosse altro per la barriera linguistica che ancora oggi interessa circa un terzo del personale. Così di bimestre in bimestre abbiamo iniziato questa sfida convinti che qualcosa sarebbe cambiato. E così è stato.
A 15 mesi di distanza abbiamo completato la formazione di base e siamo già partiti con quella avanzata. In ogni settimana che ho speso al Caritas, oltre alle circa 40 ore di formazione, coaching e consulenza di processo, ho effettuato oltre 30 ore di colloqui individuali dedicati esclusivamente ai dipendenti sia su tematiche personali che professionali. Ma in realtà siamo appena all’inizio dal momento che il progetto si sta espandendo a macchia d’olio sia per le nuove sfide che ci aspettano (gestione dello stress, della perdita, del lutto, ecc.) sia per iniziative nuove mai sperimentate prima.
Il 13 maggio scorso, infatti, abbiamo riunito nella tenuta salesiana di Cremisan, i 27 manager del Caritas al fine di sperimentare l’emozione e l’efficacia di questa nuova metodologia dedicata al benessere organizzativo che va sotto il nome di team building. Credetemi che non capita spesso di vedere pediatri, ingegneri, caposala e direttori di laboratorio giocare per ore con cesti, corde e palline da tennis e alla fine sedersi insieme in debriefing per capire come le dinamiche del gioco possono essere riportate efficacemente nell’ambiente lavorativo. Sono state otto ore intense sia dal punto di vista fisico che mentale poiché ogni singolo gioco era finalizzato a rinforzare le relazioni interpersonali e a formare i partecipanti sulle dinamiche lavorative sottese a ciascun gioco. Alla fine è stato un successo: siamo tornati a casa abbrustoliti, sudati ma carichi di adrenalina per aiutare sempre più i nostri bambini e per supportare le loro famiglie con crescenti capacità professionali e forte spirito di condivisione.
Il giorno dopo in tutto l’ospedale non si parlava d’altro e già spuntavano le prime “sane” lamentele di molti dipendenti che volevano provare l’esperienza vissuta dai loro capi. E così sarà nei prossimi mesi. Sono già in cantiere altre sessioni dedicate a tutto il personale per rendere la grande famiglia del Caritas un’unica squadra proiettata a sviluppare il benessere sociale del territorio palestinese.