Atroce svolta in Medio Oriente: i fatti principali di una guerra senza fine
Il 2023 è stato traumatizzante per molti israeliani e palestinesi. L’orribile massacro perpetrato da Hamas e la successiva catastrofica guerra a Gaza hanno provocato anche nel mondo un vero e proprio shock. Un incubo che ha una sua storia.
Articolo di Inge Gunther, corrispondente dal Medio Oriente – Relazione d’esercizio 2023
La «Riforma della giustizia», annunciata dal governo israeliano di ultra destra subito dopo essersi insediato, aveva suscitato un acceso dibattito pubblico.
Il suo obiettivo era quello di esautorare il tribunale supremo – l’istanza di controllo della democrazia israeliana.
Per il premier Benjamin Netanyahu ne andava fra l’altro anche del processo per corruzione di cui avrebbe dovuto rispondere.
La cosa aveva scatenato un’ondata di proteste. Per ben nove mesi gli israeliani liberali erano scesi in piazza sventolando le bandiere bianche e blu dello Stato ebraico in difesa della democrazia. Persino i piloti degli aerei da combattimento si erano rifiutati di effettuare missioni fintantoché il governo avesse infranto i principi dello stato di diritto.
Nel frattempo la Cisgiordania era in subbuglio a causa di due razzisti di estrema destra, membri del governo
Netanyahu; da un lato, Bezalel Smotrich, che oltre a essere ministro delle Finanze, è anche responsabile per il Territorio palestinese occupato; dall’altro Itamar Ben-Gvir, attuale ministro della Sicurezza nazionale, con diversi precedenti penali per reati di istigazione all’odio.
In effetti, gli attentati palestinesi erano cresciuti come del resto le razzie dei militari israeliani nei campi profughi e le aggressioni da parte dei coloni radicali.
INCURSIONE A HUWARA
Fra tutti spicca un evento. Dopo l’uccisione di due coloni partiva una spedizione punitiva composta da centinaia di coloni armati che, la sera del 26 febbraio, assaltavano il villaggio palestinese di Huwara, nei pressi di Nablus in Cisgiordania, appiccando il fuoco a una trentina di case andate completamente distrutte. Sul terreno restava soltanto una scia di distruzione, un morto e diversi feriti. Molti cittadini israeliani reagivano con profonda indignazione per l’inerzia dei soldati che avevano assistito ai fatti senza intervenire. Il ministro
Smotrich dichiarava con la massima indifferenza che Huwara meritava di essere «cancellata».
Nel braccio di ferro con l’opposizione si era vista la notevole a pendenza di Netanyahu dall’ultradestra. Ancora in primavera le proteste di massa erano riuscite a strappare al premier una moratoria sulla riforma della giustizia. In estate, tuttavia, la coalizione imponeva una prima legge volta a limitare i ricorsi contro le decisioni del governo.
In questo movimento democratico, il peso degli oppositori all’occupazione di sinistra era comunque solo marginale. La convinzione nutrita dal premier israeliano Benjamin Netanyahu di poter ignorare la questione palestinese era infatti parecchio diffusa nella società israeliana. Tanto più che sembrava imminente un accordo con l’Arabia Saudita volto a normalizzare le relazioni fra i due Stati.
ATTACCO TERRORISTICO DI HAMAS
Una fatale illusione, questa, che andava crudelmente in frantumi il 7 ottobre, una giornata che entrerà negli annali israeliani come «Schabbat nero», culminato con ‘uccisione di almeno 1200 persone. Altre 250 venivano prese in ostaggio e portate a Gaza dal gruppo radicale islamico di Hamas e dai suoi complici.
Dalla Striscia di Gaza, infatti, sul fare del giorno, migliaia di guerriglieri altamente addestrati erano riusciti a penetrare in Israele. Con bulldozer, che avevano divelto la rete di protezione al confine, alianti a motore e gommoni.
Armati fino ai denti, in pochi minuti attaccavano le postazioni militari, poi i kibbutzim vicini e i ragazzi che partecipavano a un festival musicale massacrando senza pietà centinaia di civili, donne, uomini e bambini.
L’attacco terroristico preparato da Yahya Sinwar, leader di Hamas, coglieva Israele di sorpresa. Certo di avere in pugno, grazie a posti di controllo altamente tecnologici, una Striscia di Gaza completamente sigillata, il governo israeliano aveva spostato diverse unità dell’esercito in Cisgiordania.
Per ore ed ore gli abitanti dei kibbutzim attaccati e i giovani partecipanti al festival musicale resistevano, terrorizzati e barricati in nascondigli di fortuna fino all’arrivo delle forze speciali.
Per molti di loro non c’era ormai più nulla da fare.
DICHIARAZIONE DI GUERRA IN ISRAELE
Un fallimento che scuoteva profondamente l’identità di Israele ritenuto porto sicuro per gli ebrei. Il fatto che Hamas si mostrasse orgoglioso dell’eccidio peraltro ripreso con le telecamere, non faceva che alimentare il richiamo collettivo alla vendetta. In tempi di record il governo Netanyahu mobilitava 360’000 riservisti e dichiarava guerra.
Già i bombardamenti aerei erano molto più pesanti di tutte le escalation che Gaza avesse conosciuto in passato.
Israele sosteneva di combattere contro «animali umani» ed agiva di conseguenza; così il ministro della Difesa Yoav Gallant.
Nemmeno il sud della Striscia di Gaza, dove migliaia e migliaia di famiglie palestinesi, per volere dell’esercito, avevano cercato rifugio in alloggi di fortuna, non veniva risparmiato dalle 18 bombe. L’offensiva di terra israeliana rendeva ancora più drammatica la situazione umanitaria. Per distruggere la rete dei tunnel di Hamas, le truppe dello Stato ebraico occupavano ospedali e scuole, sotto i quali sospettavano le entrate dei tunnel. In tutta questa desolazione mancavano cibo, acqua potabile, farmaci e carburante.
Durante una pausa di sette giorni c’era stata la liberazione di 105 ostaggi in cambio di 240 palestinesi prigionieri. Poi la guerra continuava, spietata: alla fine del 2023 Gaza contava oltre 20’000 vittime, un terzo delle quali bambini. Incerto rimaneva anche il destino degli ostaggi nelle mani di Hamas che continuava con il lancio di razzi.
COLONI SCATENATI
Ai margini del conflitto bellico, in Cisgiordania, diversi coloni ebrei radicali cacciavano con arroganza ancora maggiore i vicini palestinesi, appiccando il fuoco ai campi, demolendo automobili e altri beni, e facendo ricorso anche alle armi. Sul conto di questi coloni violenti andavano più di dieci vittime palestinesi. Il ministro della Polizia, Ben-Gvir aveva dato loro una divisa invitandoli ad armarsi. A molti palestinesi della valle del Giordano e del sud di Hebron non restava altro che abbandonare i loro villaggi di pastori.
Anche se, a livello internazionale, tutti tornavano a parlare della soluzione dei due Stati dopo il 7 ottobre, ora l’odio e le violenze non fanno che rendere molto più arduo il cammino per arrivarci.
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Aiuto Bambini Betlemme, con sede a Verona, finanzia il Caritas Baby Hospital di Betlemme, l’unico ospedale pediatrico in Cisgiordania. La struttura accoglie ogni anno decine di migliaia di piccoli pazienti, negli ambulatori e nei reparti. Ogni bambino viene assistito, senza distinzione di provenienza sociale o religiosa. Il piano di cure prevede anche lo stretto coinvolgimento dei genitori; l’Ospedale pediatrico di Betlemme dispone inoltre di Servizi sociali qualificati. Con i suoi 250 dipendenti locali, è un importante datore di lavoro nella regione. Oltre a essere uno dei cardini della sanità palestinese, è anche in prima linea nella formazione di medici e infermieri pediatrici.
L’Ospedale pediatrico Betlemme è in grado di portare avanti la sua missione e salvare tante piccole vite solo grazie alle donazioni. Per informazioni sull’Associazione, sull’Ospedale e sull’attuale situazione nella città consultate la nostra pagina web: www.aiutobambinibetlemme.it
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