Il Caritas Baby Hospital in aiuto ai bambini di Gaza
Già durante il primo cessate il fuoco tra Hamas e Israele, era stato organizzato il trasporto di un neonato molto grave da Gaza al Caritas Baby Hospital. Ad agosto erano arrivati altri quattro bambini perché non era stato possibile curarli in loco. Stando all’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) delle Nazioni Unite, nel corso dell’offensiva militare dell’estate scorsa erano state danneggiate oltre 62 strutture sanitarie. “Le cliniche sono al collasso. Non ci sono più farmaci. Manca tutto“, ci ha detto Issa Bandak, direttore del Caritas Baby Hospital, che ha coordinato i trasferimenti con le autorità e le strutture palestinesi e israeliane.
Da molti anni a Betlemme è raro che arrivino bimbi malati dalla Striscia di Gaza. In passato la situazione era bene diversa. Quando, nel 1978, fu inaugurata l’attuale struttura, la regione di Gaza-City faceva parte del bacino d’utenza dell’ospedale. I bambini dalle città di Genin, Nablus e Ramallah a nord arrivavano al Caritas Baby Hospital come quelli da Hebron a sud e da Gaza-City sul Mediterraneo. Già allora la Striscia era separata dalla Cisgiordania ma ci si poteva spostare comunque tra le due realtà palestinesi.
Essere vicini alle popolazioni della Striscia di Gaza
Da quando a Gaza è al potere il gruppo islamico Hamas e Israele ha imposto il blocco sulla Striscia, il collegamento con la Cisgiordania è inesistente. Con i suoi 1,8 milioni di abitanti, la Striscia di Gaza è anch’essa una parte dei Territori palestinesi occupati. E’ ovvio che la gente della Cisgiordania abbia seguito pertanto con la massima attenzione gli eventi di quella regione e ne sia stata profondamente addolorata per le violenze compiute; a ciò si è aggiunta la paura che la situazione potesse degenerare anche a Betlemme, che è, invece, alquanto pacifica malgrado gli eventi.
Fino ad oggi si respira un’aria di intensa solidarietà. Al personale del Caritas Baby Hospital era apparso subito chiaro che, causa la guerra a Gaza, avrebbe rinunciato alla festa che aveva organizzato e avrebbe raccolto e inviato denaro e aiuti alle strutture medico sanitarie della Striscia. Sono stati raccolti complessivamente 3 000 dollari destinati a organizzazioni amiche. “Sappiamo e siamo grati che il nostro lavoro sia sostenuto da tante persone sensibili e compassionevoli.” Ecco perché anche nella Striscia i nostri colleghi devono sentire che non sono soli”, ha dichiarato la dottoressa Hiyam Marzouqa, primario dell’ospedale.
Tra la Basilica della Natività di Betlemme e le strade distrutte in alcuni quartieri di Gaza-City ci sono 75 km. Anche questa vicinanza spaziale fa capire perché una soluzione stabile per la Palestina e Israele debba assolutamente tener conto anche della popolazione della Striscia. “Non possiamo abbandonare Gaza”, così Issa Bandak, illustrando il comune sentire di tante persone di Betlemme.