Issa Bandack racconta la difficile quotidianità di Betlemme
Issa Bandak, direttore generale del Caritas Baby Hospital di Betlemme, vive da sempre sotto l’occupazione e ha assistito a non pochi conflitti. L’attuale situazione, per lui e la sua équipe, è davvero delicata. La sua direzione lungimirante fa sì che l’Ospedale pediatrico continui a rimanere attivo, anche in momenti così difficili.
Intervista a cura di Richard Asbeck
Nei decenni passati la Palestina ha attraversato numerose crisi. Cosa c’è ora di diverso?
Il numero delle vittime civili è spaventoso e non ha paragoni. Ho sempre vissuto sotto l’occupazione, da piccolo sono stato testimone della prima intifada, poi della seconda e con una certa regolarità, purtroppo, anche delle guerre a Gaza. Ci chiediamo allora perché dobbiamo ripetere di continuo queste dolorose esperienze?
Come affrontare queste incertezze?
Solo con il nostro profondo attaccamento alla terra, alla Palestina. La amiamo a tal punto da non volerla abbandonare per nessun motivo. E questo ci infonde immensa forza.
Quali sono le ricadute della guerra sulla quotidianità di Betlemme?
Prima di rispondere a questa domanda vorrei dire che già prima del 7 ottobre 2023 la nostra vita non era quella che volevamo. La nostra libertà di movimento era soggetta a numerose restrizioni a causa del muro di separazione israeliano e dei vari checkpoint. Da casa mia, a Ramallah, sono costretto ad allungare di parecchio il tragitto sperando di poter arrivare in Ospedale.
E ora?
Ora il numero dei posti di blocco sulla strada per Betlemme è salito ancora. Inoltre, temiamo le violenze dei coloni israeliani nei confronti dei civili palestinesi. Ci vengono poi riferite azioni inqualificabili da parte dei militari israeliani ai checkpoint. Per questo ho messo bene in evidenza sulla mia macchina vari logo del Caritas Baby Hospital.
Cosa può fare in particolare il Caritas Baby Hospital in questi momenti?
Anche in questi momenti di grave difficoltà continuiamo a lavorare e a tenere aperto l’Ospedale pediatrico garantendo l’assistenza ai bambini malati. Ovviamente vorremmo accogliere anche i bambini di Gaza se ciò fosse possibile, tanto più che la nostra struttura, con il suo appartamento per madri, è particolarmente adatta ad accogliere piccoli pazienti con una persona che li accompagna.
Un simile aiuto lo ritiene possibile?
Al momento Israele non lo consente. Ma siamo sempre in contatto con il ministero palestinese della Salute. Non appena l’istituzione potrà organizzare il trasferimento di bambini da Gaza in Cisgiordania, saremo pronti a prestare aiuto. È per noi naturale e in linea con la nostra missione.
Quali previsioni osare al momento?
Vivendo nell’incertezza ci concentriamo nel creare le condizioni che ci consentano di operare anche nel caso di un’ulteriore escalation della situazione. Lo possiamo fare grazie ai nostri sostenitori e alle nostre sostenitrici dall’Europa.
Talvolta, a Verona, ci chiedono se le donazioni arrivino comunque a destinazione.
Malgrado la guerra nella Striscia di Gaza non abbiamo avuto difficoltà a ricevere le donazioni dall’estero. Siamo dunque in grado di continuare ad accogliere e curare i bambini malati che arrivano da noi.
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Anche in questo periodo così drammatico per la Palestina
grazie a voi al Caritas Baby Hospital tutti i bambini ricevono cure e amore.
Li accogliamo tutti, senza badare alla loro religione, etnia ed estrazione sociale.
Siete voi che permettete loro di crescere sani, sereni e protetti. Grazie!