Klara: la forza di una mamma palestinese
Un anno. Questo il tempo che è passato da quando il piccolo Michael è arrivato nella vita di Klara e di suo marito. Un anno che si è rivelato tra i più difficili da affrontare, pieno di gioia, ma anche di preoccupazione, ansia, stanchezza, speranza. Questa è la storia della forza di mamma Klara, la storia della tenacia del piccolo Micheal e di tutta la loro famiglia. È la storia che abbiamo scelto di raccontarvi per la Festa della Mamma.
Klara e il marito erano felicissimi di aspettare il loro terzo figlio. Durante uno dei soliti esami di routine però, c’era qualcosa non andava. Klara, che di professione è infermiera, ha subito compreso che la situazione era grave: il loro bambino aveva una malformazione, un buco nel diaframma (ernia diaframmatica).
La diagnosi fu come una doccia fredda. Alla gioia della gravidanza si aggiunse la preoccupazione per il futuro. Soprattutto per Klara che capiva perfettamente che per la famiglia i tempi non sarebbero stati facili.
Era maggio quando il piccolo Michael venne alla luce in un ospedale locale di Hebron. Subito venne sottoposto ad intervento, infatti a causa dell’’ernia diaframmatica, l’intestino si era spostato nel torace impedendo ad un polmone di svilupparsi correttamente.
Dopo quattro settimane però, nonostante l’operazione, non c’era alcun miglioramento. La preoccupazione e l’angoscia per la vita del figlioletto si faceva sempre più grande. Klara insisteva perchè venisse trasferito al Caritas Baby Hospital di Betlemme, l’unico ospedale pediatrico di tutta la Palestina. La giovane, che ci lavora come infermiera, sapeva bene che lì Michael avrebbe potuto fare a meno della respirazione assistita, cosa non riuscita nell’ospedale di Hebron.
Il piccolo venne quindi trasferito all’ospedale pediatrico di Betlemme.
Pazienza e comprensione
«Come infermiera professionale sono in grado di capire molto bene che cosa significhi un “imprevisto” del genere. La paura era enorme» ci dice Klara. Spesso si diceva pentita di aver scelto quella professione perchè capiva più di quanto avesse voluto. «Ricordo che quando arrivò il momento di inserire il tubicino con la sonda gastrica a Michael, non riuscii a trattenere le lacrime e fui costretta a chiamare una collega ad aiutarmi. Sono perfettamente in grado di farlo, ma quando hai di fronte tuo figlio, le emozioni sono ben diverse».
Ci sono voluti altri quattro mesi ininterrotti di ricovero prima che Michael potesse lasciare finalmente il Caritas Baby Hospital. Klara, ora, lo segue a casa; si è infatti presa un periodo di ferie non retribuite per stargli vicino. Accanto al lettino vi sono la pompa per le infusioni, l’apparecchio per l’ossigeno e una telecamera che invia le immagini di Michael sul televisore del salotto. «Così, i parenti possono vederlo quando ci vengono a trovare». Per timore di contagi virali, il bambino viene super protetto. Solo i genitori e i fratellini possono entrare in camera. E sempre con la mascherina. Persino Maria, che ha solo due anni, sa che deve fare attenzione. «Per la famiglia la malattia rappresenta una grossa sfida e richiede impegno anche per gli altri due piccoli, che non vanno trascurati», dice la mamma.
Un lungo periodo di isolamento
Klara si occupa quasi 24 ore su 24 di Michael. Il marito le è di supporto. Di notte, infatti, è lui di turno ogni due ore, poi di nuovo lei, e poi ancora lui… e così via. La sorella di Klara, anche lei infermiera, può intervenire in caso di emergenza. La nonna del piccolo non può assistere più di un’ora.
Malgrado lo sforzo notevole di tutti, si respira un’aria di ottimismo. I medici sostengono che entro uno o due anni il polmone avrà raggiunto le dimensioni volute. Per il momento le condizioni di Michael sono buone, ma il piccolo ha bisogno ancora di molto aiuto. Inoltre, è in lieve ritardo nello sviluppo. Comincerà quindi molto presto con la fisioterapia pediatrica al Caritas Baby Hospital. Klara incontra spesso lo pneumologo dell’Ospedale per i controlli. Il medico prevede che per l’estate il piccolo potrà uscire dal lungo isolamento. «Una luce di speranza», ci confida felice la mamma che non vede l’ora che arrivi quel momento: «Andare una volta a prendere un caffè con le amiche oppure uscire con i bambini è davvero allettante».
Che cosa pensa di fare come prima cosa? «Andremo insieme in chiesa e poi, in casa dei miei genitori. Faremo una grande festa, prevista ormai da tempo come vuole del resto la tradizione».
Klara è una delle tante mamme che ogni giorno al Caritas Baby Hospital pregano, sperano e lottano insieme ai loro bambini per sconfiggere la mattia. Buona Festa della Mamma a tute loro.