Racconto di Natale: la Storia del piccolo George
Come di tradizione, per accompagnare il Natale che arriva, ogni domenica dell’Avvento pubblicheremo una delle 4 parti di una storia di salute, amore e pace che arriva direttamente dal nostro amato ospedale di Betlemme. Un modo per condividere le fatiche e le speranze di un piccolo palestinese ammalato e della sua famiglia, in quella terra così piena di significati e di difficoltà. Buona lettura, in attesa del Natale!
#Parte 1 di 4 – 1′ Domenica dell’Avvento – 3 dicembre 2018 #
Il piccolo George soffre di una malattia grave. E’ in terapia al Caritas Baby Hospital ormai da molti anni: la maggior parte dei costi viene coperta dall’ospedale, grazie alla generosità dei sostenitori. Senza queste cure, George non sarebbe tra noi già da tempo.
George ha trascorso il suo primo Natale al Caritas Baby Hospital. I medici avevano capito subito che era in pericolo di vita, e così decisero di trasferirlo in un ospedale di Gerusalemme, per poter eseguire degli interventi chirurgici delicati che a quel tempo non era possibili all’ospedale di Betlemme. Diagnosi: megacolon congenito agangliale (detto anche “morbo di Hirschsprung”).
L’intestino dei bambini come George non può svuotarsi in modo spontaneo, ed è come se fosse diviso in due metà, una sana e una malata. All’inizio sembrava che un’operazione avrebbe risolto tutto. Invece, George soffriva di una forma particolarmente grave di questa malattia. Nel giro di due anni gli vennero asportati l’intero intestino crasso e alcuni tratti di quello tenue.
«Il fatto che oggi George sia vivo è un miracolo», dice la dott.ssa Hiyam Marzouqa, primario del Caritas Baby Hospital. Qui il bambino viene curato da quando ha terminato tutte le operazioni. Al Caritas Baby Hospital riceve, almeno due volte al mese, l’infusione che gli salva la vita. Il procedimento dura diverse ore.
Nel corso degli anni, al Caritas Baby Hospital George ha trovato amici, anche tra il personale sanitario: il suo infermiere preferito, la sua infermiera prediletta e Hiba Sa’ady, la sua amata assistente sociale, che segue George fin dalla nascita.
# Parte 2 di 4 – 2′ Domenica dell’Avvento – 9 dicembre 2018
«Per i genitori la diagnosi fu uno shock. In un attimo si erano infranti tutti i sogni per il futuro del piccolo»: così l’assistente sociale descrive i primi incontri con i genitori di George.
Questa esperienza si ripete ogni volta che i genitori di bambini malati vengono a sapere che il loro figlio ha una malattia cronica e che la sua vita dipenderà dal sostegno e dalle cure che riceverà. Per questo sono necessari molti colloqui; bisogna dare coraggio alla famiglia e aiutarla ad accettare il figlio così com’è.
Anche per i genitori di George, all’inizio, la sfida con questa malattia rara è stata difficile. «Mentre il padre, negli ultimi dieci anni, si era fatto più silenzioso e si era rinchiuso in sé stesso, la madre mostrava ogni giorno un’incredibile energia che la rendeva sempre più forte e sempre più sicura di sé». Così Hiba Sa’ady racconta come la malattia di George aveva cambiato i genitori.
Durante i numerosi incontri, tra la famiglia di George e l’assistente, ma soprattutto tra il piccolo e la donna, era nato un rapporto molto particolare. Il bambino faceva sempre disegni per lei, che firmava con un «George vuole bene a Hiba». Il ragazzo «mi è entrato nel cuore», ammette anche l’operatrice, che segue ogni anno innumerevoli piccoli pazienti al Caritas Baby Hospital.
Ma con George il rapporto è diverso, straordinario, da prendere addirittura ad esempio. «I bambini con malattie molto meno gravi di quella di George non hanno neanche la metà dell’energia e del coraggio di vivere di questo ragazzo, la cui situazione non passa certamente inosservata».
Hiba è convinta che molte famiglie con figli che hanno una storia clinica simile a quella di George si sarebbero già arrese da tempo e avrebbero smesso di lottare.
# Parte 3 di 4 – 3′ Domenica dell’Avvento – 16 dicembre 2018
Nonostante le limitazioni, George vive una vita quasi normale, insieme ai genitori e alla sorellina Sidra.
Frequenta una scuola cristiana, e non è troppo infastidito dal fatto di non poter partecipare alle lezioni di educazione fisica causa la malattia o dal fatto di pesare poco più della metà dei suoi compagni di classe. «In compenso, sono più bravo di loro a leggere», dichiara con orgoglio. «Ho addirittura vinto una medaglia d’oro in una gara».
In aula, sulla sua sedia, c’è uno spesso cuscino imbottito che gli consente di vedere bene la lavagna. A scuola George compensa bene i suoi problemi fisici, con una notevole velocità di apprendimento e con la sua intelligenza. All’inizio gli altri bambini gli chiedevano come mai avesse un tubicino infilato nel naso. «È a causa della mia malattia», rispondeva. Non serviva aggiungere altro, pensava George. «Non mi va di parlarne in continuazione.»
Attraverso questo tubicino, che è un sondino naso gastrico, il ragazzino viene alimentato ventiquattro ore su ventiquattro con un latte particolarmente nutriente. George può e deve mangiare di tutto – gli piacciono tanto il pollo e la pizza – ma il suo corpo non trae sufficiente nutrimento da un’alimentazione normale. Le calorie, le proteine, gli enzimi e le vitamine indispensabili al suo organismo gli vengono somministrati attraverso pillole, gocce e infusioni.
# Parte 4 di 4 – 4′ Domenica dell’Avvento – 23 dicembre 2018
“Ogni suo desiderio è un ordine”
Una volta George ha insistito tanto perché gli togliessero il sondino almeno per qualche giorno. In compenso aveva promesso che «avrebbe mangiato moltissimo». Ma in poco tempo i suoi valori peggiorarono drasticamente. George dovette così constatare di non poter fare a meno dell’alimentazione artificiale. Da allora la madre Riham gli rimuove il sondino solo per sostituirlo. È lei, praticamente, a farsi carico di tutte le terapie che il ragazzo deve ricevere a casa. «George vuole così. E per me questo desiderio è un ordine.» La 34-enne sorride amorevolmente.
Spesso dorme solo tre ore per notte, e quando le chiedono come riesca a fare tutto questo, lei risponde, senza esitare: «La mia forza è un dono di Dio.». La donna non potrebbe mai permettersi di mostrare stanchezza e paura o addirittura di piangere davanti al figlio. Questo è un consiglio che le hanno dato le assistenti sociali del Caritas Baby Hospital. «L’energia positiva si trasmette ai bambini esattamente come quella negativa.» Per questo la giovane madre si mostra sempre forte davanti ai figli e non fa trasparire i propri sentimenti. Ancor di più: sembra quasi che Riham abbia dentro di sé un interruttore che le consente di “spegnere“ le preoccupazioni quando è insieme ai suoi ragazzi. «È tutto nelle mani di Dio. Ho imparato, in questi anni, a vivere solo il presente, attimo per attimo».
Nonostante possano contare su entrate regolari, i genitori non hanno la possibilità di pagare, oltre alle spese correnti e alla retta della scuola,
anche i costi per le cure di George. Come la maggior parte delle famiglie in Palestina, non possiedono un’assicurazione sanitaria. Del resto, nessuna cassa ammalati pagherebbe per le cure costose e per le tantissime attenzioni offerte dal Caritas Baby Hospital. «Dobbiamo molto all’ospedale che si assume la maggior parte dei costi», dice Riham. «Le cure salvano la vita a George.» Quando la donna ha bisogno di medicinali, latte in polvere o sondini si rivolge all’assistente sociale e vede con lei fin dove il Caritas Baby Hospital può sostenere finanziariamente la famiglia.
Già da molto tempo George è felice che arrivi il Natale, perchè il suo compleanno cade due giorni prima. A scuola lui e la sorella si danno molto da fare per realizzare gli addobbi che saranno poi utilizzati per decorare l’albero di Natale. Ma non ha ancora deciso che regalo vuole. Una chitarra? Un tamburo? E, sorridendo maliziosamente, ci prova: «Sarebbe meglio tutti e due.» È furbo e coscienzioso; anche se non è sempre facile e se spesso ha dolori, George ama la vita. Non si lascia abbattere dalla malattia, mai.